Un pittore e un architetto alla corte degli Zar
Comunicato stampa
Dalle collezioni russe del Museo Carskoe Selo della città di Pushkin (San Pietroburgo) arrivano le opere degli artisti italiani Schiavoni e Dagnini, entrambi rinomati per il servizio prestato alla corte degli imperatori Alessandro II e Nicola II
Dall’11 ottobre 2009 al 10 gennaio 2010, al museo di Palazzo Te, a Mantova , è in esposizione la tela restaurata La morte di Raffaello di Felice Schiavoni (1803-1881), proveniente dal Museo Carskoe Selo della città di Pushkin.
Il meticoloso lavoro di restauro, effettuato da specialisti russi per volontà dell’istituzione mantovana, coincide con la ricorrenza di una data significativa: commissionata da parte del futuro Imperatore di tutte le Russie Alessandro II (1818-1881) nel 1841, l’opera viene conclusa nel 1859, anno in cui viene spedita a San Pietroburgo e subito collocata nel Palazzo di Caterina, residenza estiva degli zar.
Oggi, a distanza di centocinquanta anni, il quadro La morte di Raffaello fa ritorno in Italia , e si colloca al centro di un evento espositivo organizzato dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te con il sostegno del Comune di Mantova e Museo Civico di Palazzo Te e la collaborazione di Museo Carskoe Selo della città di Pushkin.
Contemporaneamente viene esposta una serie di circa cinquanta disegni di architettura del mantovano Silvio Dagnini , al servizio della corte dell’ultimo zar di Russia Nicola II. Anche i progetti autografi provengono dal Museo Carskoe Selo.
La morte di Raffaello. Storia di un dipinto di Felice Schiavoni
Felice Schiavoni – formatosi nella bottega del padre Natale (1777-1858), già al servizio della casa regnante russa e di altre Corti – è conosciuto come il “Raffaello veneziano” e nel 1860 viene nominato cavaliere e membro dell’ordine di San Stanislao di III classe dall’imperatore russo Alessandro II. Nella tela La morte di Raffaello , che misura 3,25 metri di lunghezza per 2,56 di altezza e richiede all’artista una dedizione di vent’anni durante i quali vengono elaborate diverse versioni, è raffigurata la desolazione nello studio di Raffaello al momento della sua morte. Schiavoni ritrae un gruppo di diciannove personaggi , raccolti in stato di contrizione e attesa, nell’anticamera della stanza da letto del Maestro. Tra questi figurano i suoi fedeli allievi Giulio Romano e Giovanni Francesco Penni , e altre figure emblematiche della cultura dell’epoca: il Cardinal Bembo , Baldassarre Castiglione , Ariosto , Michelangelo e Benvenuto Cellini .
Larisa Bardovskaja, curatrice dell’evento , e Daniela Sogliani h anno ricostruito l’affascinate storia dell’opera, per la prima volta visibile in Italia.
Schiavoni infatti spedisce l’opera in Russia e da quel momento se ne sono perse le tracce. Il dipinto è più volte citato dalla stroriografia artistica del periodo, alla quale si è fatto riferimento fino ai giorni nostri.
Il soggetto del quadro rientra appieno nel mito ottocentesco di Raffaello, dato dal ricorrere di alcuni temi che fanno del Maestro un modello sia come artista sia come uomo in relazione al prestigio e alla posizione sociale che seppe raggiungere. Numerosi e noti sono gli esempi di pittura che ci restituiscono un’immagine idealizzata di Raffello, tra questi il celebre Raffaello e la Fornarina eseguito da Ingres – di cui è conosciuta la versione ora al Fogg Art Museum di Cambridge –, oltre che dallo stesso Schiavoni.
Il 24 aprile 1838 ha inizio un lungo viaggio all’estero dell’erede al trono russo, il Gran Duca Alessandro Nicolaevic, che diventerà poi imperatore con il nome di Alessandro II (1818-1881).
Il viaggio rientra nei programmi di studi e formazione dell’erede. L’imperatore Nicola I, dopo aver fatto conoscere al figlio le varie regioni dell’impero russo, ritiene necessario completarne l’educazione con una visita alle principali Corti europee.
Alessandro arriva in Italia il 29 settembre 1838, passa da Milano, quindi parte alla volta di Cremona, Mantova, Verona, Vicenza e Padova, soggiornando in ciascuna città per ammirarne le bellezze artistiche. Dal 2 al 23 novembre si ferma a Venezia dove incontra i due Schiavoni. Fa visita a Firenze al Gran Duca di Toscana, e il 5 dicembre raggiunge Roma dove si fermerà un mese.
Nel gennaio 1839 fa sosta a Napoli. Visita la “Sotterranea Ercolano” e la “Pompei a cielo aperto”, sale sul Vesuvio, raggiunge le regge suburbane di Capo di Monte e di Caserta, poi ritorna a Roma e prende la strada per Milano, da dove si dirige a Vienna e quindi in Russia.
L’erede al trono è attratto dalle numerose botteghe di artisti di ogni nazionalità che si trovano in Italia. Egli ordina al pittore veneziano Felice Schiavoni un grande quadro in cui fosse rappresentata la morte di Raffaello. L’artista coglie l’occasione per raffigurare sulla tela i più famosi e noti contemporanei dell’impareggiabile Maestro.
Nel 1859 il dipinto viene spedito in Russia. L’ordinazione del quadro, fatta in gioventù, si realizzava dopo un ventennio.
Nel frattempo il Gran Duca è stato incoronato imperatore di tutte le Russie.
Non appena la tela giunge dall’Italia, Alessandro II la fa collocare nella residenza estiva degli zar, il Palazzo di Caterina, opera di Francesco Bartolomeo Rastrelli (1700-1771) che contiene la celeberrima Camera d’ambra , situata a Carskoe Selo, attualmente chiamata città di Pushkin, alla periferia di San Pietroburgo, e gemellata con Mantova.
Il quadro, collocato su una parete della sala di Lione poteva essere ammirato fino al 1941. Nel periodo della II guerra mondiale (1941-45), il quadro, liberato dalla cornice e arrotolato, viene spedito a Novosibirsk in Siberia. Durante il periodo postbellico il Palazzo-Museo di Caterina viene ricostruito dalle rovine provocate dalla guerra e lentamente, dal 1957, vengono restaurate le sale e rimessi al loro posto i mobili originari.
Dagnini architetto. Un “mantovano” alla corte dello zar Nicola II
La stagione espositiva dell’autunno 2009 a Palazzo Te propone contemporaneamente una selezione di circa cinquanta disegni autografi dell’architetto Silvio Dagnini , anch’essi provenienti dal Museo Carskoe Selo della città di Pushkin (San Pietroburgo), di cui ricorre il Trecentenario della fondazione, e gemellata con Mantova dal 1993.
La scelta dei progetti esposti è a cura di Larisa Bardovskaja con la collaborazione di Vladimiro Bertazzoni .
Dagnini (1867-1942), mantovano, annoverato tra i “razionalisti”, architetto di corte dell’ultimo zar di Russia Nicola II, chiude la serie dei grandi urbanisti italiani, tra cui Rastrelli e Quarenghi, al servizio della corte imperiale russa. Tra le principali opere da lui progettate e realizzate, delle quali sono in mostra i disegni preparatori, si ricordano l’edificio della centrale elettrica (1896-98); il portale d’ingresso del palazzo di Alessandro; il Liceo scientifico (1900-1902) intestato all’Imperatore; ville padronali e palazzine (1905-07) per ricchi commercianti e mecenati tra cui Kokarev e Gudovic; i primi garages per le automobili dello zar; l’ospizio per i mutilati della guerra russo-giapponese; l’edificio della Croce Rossa la cui prima pietra viene posata dall’Imperatrice e dalle figlie assistite dall’architetto stesso, momento documentato da una ripresa video che sarà proiettata a Palazzo Te.
Negli anni che seguono la rivoluzione del 1917 e poi durante le repressioni staliniane degli anni Trenta, Dagnini è impiegato in progettazioni e costruzioni di carattere industriale, come dighe, chiuse, edifici annessi alle centrali elettriche sul fiume Svir’.
DATE
11.10 – 10.1 2009