L’ambiente prende il nome dall’affresco centrale della volta che raffigura i carri del Sole e della Luna. Citata come “salotto” nei documenti, la camera aveva la funzione di introdurre gli ospiti alle salette più riservate delle Imprese e di Ovidio. Alla sommità dell’ampia volta a schifo si apre uno sfondato prospettico che raffigura l’allegoria del carro del Sole al tramonto e quello della Luna che spunta, metafora del trascorrere incessante del tempo. Una lunga tradizione vuole che l’affresco sia stato eseguito dal più brillante allievo di Giulio Romano: il bolognese Francesco Primaticcio. Pur in mancanza di certezza documentale, la qualità dell’opera non contraddice tale opinione. L’inedita inquadratura dal basso godette di particolare fortuna nell’arte del secondo Cinquecento. Le vele della volta sono decorate a lacunari (192 tra losanghe e triangoli ai bordi della composizione) con rilievi di stucco, su fondo celeste, raffiguranti uomini, animali, emblemi e le imprese del Ramarro e del Monte Olimpo, predilette da Federico II. Le raffigurazioni sono tratte dal repertorio classico: monete e gemme, di cui Giulio Romano era collezionista. Il soffitto e il cornicione sottostante, analogamente alle altre decorazioni di quest’ala del palazzo, sono collocabili agli anni 1527-28. I rilievi presenti nella parte inferiore della sala risalgono invece al Settecento: si tratta di calchi da originali di marmi classici (i sarcofagi al centro delle pareti più lunghe) e di riproduzioni di stucchi cinquecenteschi che si trovano nel palazzo.
L’ambiente prende il nome dall’affresco centrale della volta che raffigura i carri del Sole e della Luna. Citata come “salotto” nei documenti, la camera aveva la funzione di introdurre gli ospiti alle salette più riservate delle Imprese e di Ovidio. Alla sommità dell’ampia volta a schifo si apre uno sfondato prospettico che raffigura l’allegoria del carro del Sole al tramonto e quello della Luna che spunta, metafora del trascorrere incessante del tempo. Una lunga tradizione vuole che l’affresco sia stato eseguito dal più brillante allievo di Giulio Romano: il bolognese Francesco Primaticcio. Pur in mancanza di certezza documentale, la qualità dell’opera non contraddice tale opinione. L’inedita inquadratura dal basso godette di particolare fortuna nell’arte del secondo Cinquecento. Le vele della volta sono decorate a lacunari (192 tra losanghe e triangoli ai bordi della composizione) con rilievi di stucco, su fondo celeste, raffiguranti uomini, animali, emblemi e le imprese del Ramarro e del Monte Olimpo, predilette da Federico II. Le raffigurazioni sono tratte dal repertorio classico: monete e gemme, di cui Giulio Romano era collezionista. Il soffitto e il cornicione sottostante, analogamente alle altre decorazioni di quest’ala del palazzo, sono collocabili agli anni 1527-28. I rilievi presenti nella parte inferiore della sala risalgono invece al Settecento: si tratta di calchi da originali di marmi classici (i sarcofagi al centro delle pareti più lunghe) e di riproduzioni di stucchi cinquecenteschi che si trovano nel palazzo.