Autori
A cura di Massimo Mininni e Augusti Morari.
Con la collaborazione di Massimo Maiorino e Daniela Sogliani

Anno
2017

Prodotto da
Centro internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te

Edito da
SKIRA

Pagine
120

Il volume propone una riflessione sul profondo legame tra Giorgio Morandi, maestro indiscusso della pittura italiana del Novecento, e l’artista inglese Tacita Dean che ha girato due film (Still Life e Day for Night, 2009) nello studio bolognese del pittore in via Fondazza. Questi lavori filmici si soffermano sugli oggetti dell’universo poetico di Morandi e sui segni tracciati con la matita su un foglio di carta dal maestro che, con un’attenzione matematica, calcolava, centrava, affiancava, spostava, ricollocava le sue bottiglie, i lumi, le caffettiere, le porcellane e i vetri. Il punto d’incontro tra i due è il processo di creazione artistica attivato dall’osservazione e dalla meditazione sulle cose: i film di Tacita Dean rivelano che Morandi non rappresenta il passato ma è ancora vivo nel lavoro del presente.
Pubblicato in occasione della mostra mantovana, il volume propone un originale e inedito confronto tra l’essenzialità dell’opera di Morandi e le atmosfere solitarie e malinconiche dei film della Dean.
Cinquanta opere di Giorgio Morandi offrono il panorama dei suoi lavori più significativi realizzati tra il 1915 e il 1952. Bottiglie, lumi, caffettiere, tazze, porcellane e vetri, apparentemente avvolti da una severa serialità, entrano a far parte di un orizzonte più vasto e misterioso di quello domestico: è la metamorfosi di questi oggetti, forme e cose che attraverso l’espressione artistica raggiungono uno stile che, nel corso degli anni, ha raggiunto l’universalità di un linguaggio unico.
Tacita Dean ci restituisce con chiarezza nei suoi film queste atmosfere morandiane. Con serena malinconia la Dean afferra il senso melodioso di quegli ambienti, la loro dolcezza melodrammatica: la luce investe lo spettatore con calma e le ombre delle bottiglie dei vasi appaiono in una pallida penombra. I suoi film ci mostrano una sorta di solitudine, lo stato necessario per quei lunghi colloqui che si possono immaginare tra Morandi e le cose, forse inquieti e ansiosi, ma sempre taciuti e risolti nella liberata e concreta realtà dei suoi oggetti d’affezione. I film della Dean ritraggono un mondo limitato, polveroso, dimesso e domestico dove cose umili affiorano in penombre e rendono magiche le stanze, il carattere del luogo e l’arte di Morandi.