CONVERSAZIONE CON GIACOMO CALVI
Evento del public program della mostra “Carlo Zinelli. Visione Continua”

Come avvicinarsi all’Art Brut e tentare di coglierne gli aspetti evocativi ed emozionali che può suscitare in chi vi si accosta.

Credo che la produzione artistica, presente in ogni cultura – racconta Giacomo Calvi – possa essere considerata un momento fondamentale di disvelamento dell’uomo a se stesso e che, al tempo stesso, rappresenti un modo per rivolgere lo sguardo nella direzione di un’alterità, quella dell’opera, che cerca condivisione, promettendo piacere ed accresciuta conoscenza.
L’opera artistica pone domande sin dall’antichità a chiunque ne fruisca e avvia un dialogo con pressocchè qualsiasi disciplina, scientifica o umanistica, sin dall’iniziale costituirsi di ciascuna.
Se considerassimo che il disvelamento dell’uomo a se stesso sia, soprattutto, quello della sua più riposta affettività, possiamo comprendere perché a questo dialogo sia chiamato, ormai da un po’ più di un secolo, anche la psicoanalisi, che si interessa delle coloriture passionali ed affettive dell’esperienza e delle produzioni dell’immaginario, spingendosi ben oltre quelle relegate ai disturbi mentali, che sono l’oggetto della sua applicazione terapeutica.

Parimenti, al confronto con l’arte è stimolato lo psichiatra, che può avere a che fare con l’artista in crisi, con l’artista che si ammala, con la produzione di materiale – scritto, dipinto, manufatto – di chi malato lo è da prima che da lui fluisca, e presentandosi così come un possibile campo dove reperire segni specifici, indicativi di questa o quella sindrome.

Da qui l’enorme mole di studi, nonostante i quali, però, non disponiamo di una concezione psicoanalitica o psichiatrica “ultima” dell’arte e dei processi psichici che sono coinvolti.
Di ciò non bisogna rammaricarsi, credo, perché così siamo tutelati dall’ingabbiare l’arte in un sistema concettuale che chiuda il discorso, rispondendo in modo semplice ed esaustivo.
Eviteremo, in altre parole, semplificazione e riduzionismo e ci ritroviamo a fare PRIMA l’esperienza con l’arte, e DOPO la riflessione con le sue ipotesi interpretative e, SUCCESSIVAMENTE, tornare all’opera.

Di fronte ad un materiale così vasto, che può essere sviluppato lungo molteplici filoni, ho deciso di provare ad orientarmi partendo da alcuni concetti espressi da Aby Warburg, per i seguenti motivi.
Egli è un critico d’arte che ha segnato una svolta radicale nell’ambito della sua specialità, istruttiva anche per un profano come me, che non nutre l’ambizione da critico dilettante.
L’attenzione per la sua produzione sta anche nel fatto che è più o meno coeva dello sviluppo della psicoanalisi e di un certo filone della psichiatria a me caro. Credo che ciò indichi un’epoca in cui avvicinarsi alla comprensione dell’uomo abbia lasciato influenze ancora attuali.
Aby Warburg infine non si è interessato di psichiatria o di psicoanalisi. È stato, invece, ricoverato, per un periodo di anni, in una delle più celebri cliniche psichiatriche del tempo, per cui, se siamo qui perché attratti dalle opere di Carlo Zinelli, un paziente, perché non ascoltare le parole di un critico, paziente anch’egli?

Cercherò infine di introdurre all’Art Brut che, per sua natura stessa, sollecita lo psicoanalista e lo psichiatra a porsi degli interrogativi ed a formulare ad essa delle domande.

DATA
03.04.2019

ORE
18.00

INGRESSO
Aperto al pubblico