Con la mostra Venere. Natura, ombra e bellezza, allestita nelle sale di Palazzo Te da 12 settembre al 12 dicembre 2021, si conclude il programma espositivo Venere divina. Armonia sulla terra prodotto da Fondazione Palazzo Te.
La mostra, curata da Claudia Cieri Via, attraverso prestiti internazionali e opere di grande significato, esplora i diversi volti della dea che hanno popolato l’iconografia europea e italiana del Cinquecento, mostrandone le luci e le ombre, il fulgore e il furore.
Chi è Venere?
L’immagine della dea, che ha attraversato secoli mantenendo intatta la sua fama e intuitivi i suoi poteri, dalla bellezza alla capacità di scatenare e proteggere la passione amorosa, ha avuto una enorme diffusione nell’arte figurativa, nella doppia valenza di una Venere celeste, nuda e intangibile, divinità astrologica simbolo della perfetta bellezza e dell’amore virtuoso e di una Venere terrestre che presiede alla generazione e ai piaceri amorosi. La mostra illustra gli aspetti diversi della dea, concentrandosi sulla Venus genetrix e sulla sua armonia con la natura dei giardini, un aspetto cruciale per la costruzione e la decorazione della villa del Rinascimento.
Venere è una figura prismatica: nasce dalle acque come Venere Celeste, presiede alla rigenerazione della natura come Venere primavera; sposa di Vulcano, è amante di Marte e innamorata di Adone, ma soprattutto madre del pericoloso Cupido e con lui testimone di amori infelici.
Le sfumature fanno parte di ogni sua rappresentazione: del nudo di Venere Celeste gli uomini, come nei racconti di Plinio e Valerio Massimo, a proposito della Venere di Cnido, scolpita da Prassitele, potevano innamorarsi fino a impazzire.
La raffigurazione di Venere, nuda e perfetta, pone inoltre il problema del modello, che per gli antichi scultori era stato, secondo la testimonianza delle fonti, una scelta fra gli esempi viventi. L’idea che si potesse prendere a modello una bellezza contemporanea affiora all’inizio del Cinquecento, quando si teorizza anche l’esistenza delle Veneri viventi, muse ispiratrici degli artisti. Si arriva a pensare che una modella potesse prestare a Venere non solo il volto, ma anche il corpo. È così che il re di Francia, Francesco I, ricevendo in dono dal marchese di Mantova una Venere di Lorenzo Costa, poteva chiedere se per caso una dama della corte avesse posato per il quadro.
Se la mostra dichiara all’inizio la natura complessa e inafferrabile della dea e delle sue raffigurazioni, procede poi a evocarne il ruolo all’interno degli assetti decorativi del Cinquecento e del Seicento. Venere, al di là del simulacro, è protagonista di “favole”, di leggende e miti che hanno a che fare con la natura, luogo in cui si materializzano i suoi poteri e le sue vicende.I mortali omaggiano Venere in giardini rigogliosi e qualche volta il riposo o il bagno della dea sono minacciati da esseri dall’apparenza ferina, espressione di una natura primordiale. A forze magiche e irrazionali attingono gli esseri umani quando si tratta di conquistare un amante riluttante; pozioni e incantesimi sono strumenti di Venere, ma di una Venere rovesciata e pericolosa.
Il percorso della mostra prosegue nelle stanze aristocratiche, come nella dimora della cortigiana, luoghi dove Venere è costantemente raffigurata. Con lei si misurano le donne contemporanee, che il paragone letterario spinge verso il modello mitologico: la bellezza sublime della dea è la caratteristica che definisce le donne meritevoli del ritratto. Le loro immagini vengono presto raggruppate, come quelle della dea e di eroine antiche, in camerini tematici, come le stanze delle Belle.